700 anni fa moriva Marco Polo ma “Il Milione” fu scritto da un pisano
8 Gennaio 2024 pubblicato in Dantescamente
Oggi, 8 gennaio, è il 700esimo anniversario della morte, avvenuta a Venezia nel 1324 di Marco Polo, che la foto di copertina ed a corredo dell’articolo mostra in costume tartaro. Tutti lo conoscono per la sua vita avventurosa che lo portò addirittura in Cina, dove sotto il regno Kublai Khan, ultimo imperatore mongolo, divenne persino governatore di Hangzhou oggi capoluogo della regione dello Zhejiang. I suoi viaggi in oriente, svolti tra il 1271 ed il 1295 che all’epoca erano certamente insoliti e difficoltosi vennero raccolti, in una sorta di diario intitolato “Il Milione” che forse proprio per la descrizione di ambienti, ed usi e costumi esotici allora sconosciuti, ebbe un enorme successo che ha dell’incredibile, considerando che venne scritto in un periodo nel quale pochi sapevano leggere e scrivere, ma, malgrado ciò, fu tradotto in molte lingue, tanto che se ne conoscono circa centocinquanta versioni manoscritte. E qui veniamo al punto più interessante. Tutti, o quasi, infatti, pensano che lo scrittore di quel diario di viaggio, sia stato appunto Marco Polo, ma in realtà, non sembra essere così. Pare, infatti, che “Il Milione”, sia stato scritto, intorno al 1298, sotto dettatura di Marco Polo, da Rustichello da Pisa, quando i due erano nella stessa cella, prigionieri dei genovesi, che in quel periodo avevano preso il sopravvento sulle altre Repubbliche Marinare, episodio al quale si riferisce la foto seguente.

In qualche modo quel manoscritto, redatto in Langue d’Oil, vale a dire il francese antico nel quale venivano raccontate le gesta di cavalieri ed eroi, uscì dal carcere genovese, col titolo di “Le Devisement du monde” per diventare poi famoso come “Il Libro delle meraviglie” ed infine come “Il Milione” che non si capisce come sia venuto fuori ed a cosa si riferisca, a meno che non si intendesse con tale nome, celebrare, in qualche modo le immense ricchezze dell’Impero Mongolo, presunte o reali che fossero con le quali Marco Polo, dovette misurarsi. Ad ogni modo, pare che lo stesso Marco Polo, abbia, in qualche modo rimesso mano all’opera una volta tornato a Venezia, con l’ausilio dei Frati Domenicani, di quella città, coi quali, il commerciante aveva un rapporto fiduciario tanto da essere documentato nel 1323 come “Marco Paulo de confinio Sancti Iohannis Grisostomi” quale testimone dell’accettazione di alcuni lasciti testamentari di Giovanni dalle Boccole, da parte dei frati predicatori del convento veneziano dei SS. Giovanni e Paolo, nelle vicinanze del quale era residente. Ma perchè i domenicani potevano avere interesse a studiare e revisionare il “Milione”? L’interesse dei frati per il testo di Marco Polo fu probabilmente immediato, perchè “Il Milione” rappresentava una preziosissima fonte di informazioni sugli itinerari di viaggio, nonché sulle credenze del mondo orientale e per questo motivo i domenicani, grandi missionari e viaggiatori, lo lessero, trasformarono e riutilizzarono nelle loro opere fino all’età moderna. Prova ne sia che l’opera conobbe il definitivo successo dopo la redazione di una traduzione in latino, dell’inizio del ‘trecento, scritta dal domenicano Francesco Pipino, forse su richiesta dell’Ordine, che garantì la fortuna del libro su scala europea. Si può persino ipotizzare, che la revisione del testo, sia stata un’iniziativa autonoma dei domenicani, una volta venuti in possesso del manoscritto, lasciato loro da Marco Polo, che evidentemente era un grande mercante, ma analfabeta se davvero fece scrivere sotto dettatura il proprio diario a Rustichello da Pisa, che, con le leggi odierne sui diritti d’autore, ne sarebbe riconosciuto quanto meno coautore. Tutte queste vicende “editoriali” nulla tolgono, tuttavia, all’importanza che “Il Milione” ha avuto nei secoli scorsi per l’approccio all’oriente da parte degli occidentali.
Luca Monti