L’idea di riportare il busto di Dante a Pola piace ai discendenti degli esuli dalmati
9 Settembre 2024 pubblicato in Dantescamente
Poco tempo fa ci siamo occupati della richiesta del vice sindaco di Pola, di riavere dall’Italia, un busto di Dante Alighieri, esportato da quella città dagli esuli dalmati ed oggi esposto all’Arsenale di Venezia. La richiesta, da parte croata, aveva, infatti, scatenato una polemica, che ci aveva spinto a pubblicare il comunicato stampa, contrario alla cessione del busto dantesco, diramato dal presidente dell’Accademia di Alta Cultura, dottor Giuseppe Bellantonio. Ritorniamo sulla vicenda, perchè abbiamo ricevuto, ieri domenica 8 settembre, in risposta all’articolo, una mail del dottor Eugenio Magnarin, nostro lettore residente a Roma, diretto discendente di una famiglia di esuli dalmati, che si dice, invece favorevole ad un eventuale riposizionamento del busto di Dante, a Pola. Pubblichiamo quindi, per il pluralismo che caratterizza, da sempre, la nostra testata, anche la mail del dottor Magnarin, anche perchè, l’estensore essendo, come detto, diretto discendente di una famiglia che in Dalmazia, ha vissuto prima dell’esodo forzato, ha, a nostro avviso, più voce in capitolo di chiunque altro su questo argomento. Ecco il testo della mail del dottor Eugenio Magnarin:
“Spettabile redazione, buongiorno e buona domenica, vi scrivo con qualche giorno di ritardo e di questo mi scuso. Ormai gli impegni di lavoro sono tornati a pieno ritmo ed eccomi qui ad approfittare del week end per raccontarvi il perchè del mio disaccordo sul non ritorno del busto di Dante a Pola. La mia famiglia ha vissuto in Istria per due secoli e mezzo. L’origine dei Magnarin è veneta, ma il ramo al quale appartengo si spostò ai primi del Settecento dal Polesine in Istria comunque territorio della Serenissima. E lì vissero fino all’esodo successivo alla sconfitta dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale che portò all’annessione dell’Istria da parte della Jugoslavia. Vennero, come quasi tutti i loro concittadini, in Italia ed in particolare i miei nonni e mio padre si stabilirono a Roma dove sono nato io. La vita di mio padre negli Anni Quaranta fu durissima. Nel 1944, all’età di 20 anni, fu fatto prigioniero dai tedeschi che ormai spadroneggiavano nel nord, e venne portato in Baviera a lavorare in un campo di detenzione. Lì trascorse tutto l’inverno 44/45 e quando nella primavera del 1945 la Germania capitolò, scappò dal campo ormai privo di controlli e tornò a Pola, ove trovò l’occupante jugoslavo intento ad arruolare i giovani come lui. Rimase nascosto in casa con i miei nonni per due giorni e poi, con la loro benedizione, senza alcun bagaglio per non destare sospetti di fuga, scappò nuovamente, stavolta prendendo il treno per Trieste. Riuscì a passare la frontiera nascondendosi tra un bagno e l’altro del treno. E così raggiunse l’Italia. I miei nonni e mia zia, invece, lasciarono Pola dopo avere anch’essi optato per l’Italia. Mi raccontavano i miei che gli jugoslavi facevano di tutto per trattenerli: “non siete compromessi con il fascismo, perchè ve ne andate?” Ma accettarono la loro opzione perchè indiscutibilmente di etnia italiana. Mio padre ha provato sulle sue spalle sia il fascismo, sia il nazismo che il comunismo ed aveva critiche pesanti per tutti e tre i regimi. Dopo l’esodo, tornò in Istria altre tre volte e l’ultima volta, a Pola non più jugoslava ma ormai croata, c’era il bilinguismo con la toponomastica in croato e in italiano. Non c’era più scritto solo Pula bensì Pula/Pola, non più solo Amfiteatar ma anche Arena. Non potete immaginare come si commosse, tornò a sentirsi nuovamente ancora un po’ a casa. E’ per questo motivo che, secondo me, ben venga tutto ciò che di italiano possa ritornare in Istria, a testimonianza che le vicende storiche non possono cancellare quello che è stata Pola, prima romana, poi veneziana e comunque italiana. Sono i croati che si devono preoccupare di Dante a Pola, non certo noi….anzi.”
Nella foto di copertina e a corredo dell’articolo l’anfiteatro romano di Pola.