Riflessione sugli scontri di Roma alla manifestazione pro Palestina ed i loro risvolti sociali
7 Ottobre 2024 pubblicato in Attualità
Gli scontri avvenuti a Roma durante la manifestazione pro-Palestina erano ampiamente prevedibili.
Quando le opinioni si polarizzano, eliminando ogni traccia di umanità ed ignorando le ingiustizie subite da alcune popolazioni, la violenza diventa quasi inevitabile. Questa mancanza di empatia e la disumanizzazione retorica dell’altro, sono alimentate da una dialettica politica italiana che si scaglia ferocemente contro alcune nazioni, come la Russia, mentre resta in un incomprensibile silenzio di fronte a quello che succede in Palestina e nel Libano. L’attacco contro i cittadini israeliani avvenuto il 7 ottobre dello scorso anno è l’ennesima tragedia che mostra come l’odio e la disumanizzazione retorica, dell’altro possano condurre ad una spirale di violenza senza fine. E la risposta di Israele, è stata la stessa occasione persa che Tiziano Terzani, dopo l’11 settembre, sperava non si ripetesse. Allora come oggi, si è scelto di reagire con la logica della vendetta, alimentando una violenza senza fine, che ha portato a nuovi conflitti, nuovi morti, nuove sofferenze. Oggi, come vent’anni fa, si è preferita la strada più facile, quella della guerra, del “noi contro loro”, dell’indifferenza verso il dolore altrui. E così, quello che vediamo, è solo un susseguirsi di occasioni perse e di risposte rabbiose, che rinnovano la ferita dell’umanità e che rafforzano un sistema incapace di vedere oltre il proprio naso. La questione non riguarda solo l’opportunismo politico. o l’adesione a posizioni internazionali, più o meno schierate: essa mette in luce il modo in cui viene trattata la vita umana nel dibattito pubblico. È evidente che tensioni simili a quelle di Roma, sono il risultato di un clima in cui si preferisce prendere posizioni nette, senza considerare le conseguenze che tali scelte hanno sulle persone. I centri sociali, così come la popolazione in generale, dovrebbero anche riflettere su altre questioni interne, che riguardano da vicino il nostro Paese. Non solo abbiamo il dovere di informarci liberamente su ciò che accade nel mondo, ma dobbiamo anche saper discernere, ciò che succede in Italia e che spesso viene sottaciuto, nascosto o ritenuto “inevitabile”. Le promesse mancate dai vari schieramenti politici sono numerose e pesano sempre di più sulla vita quotidiana di tutti noi. Pensiamo a quante volte ci è stato promesso un “salario minimo” per proteggere i più deboli, salvo poi vederlo scomparire dai programmi non appena le luci della campagna elettorale si spengono. Oppure al tanto decantato taglio delle accise sui carburanti, un miraggio che prende corpo nella concretezza di un aumento che ora minaccia di colpire anche il diesel, destinato a pesare ulteriormente sulle tasche dei cittadini. E cosa dire delle dichiarazioni di alcuni Ministri, che, ancora una volta, invitano a “fare sacrifici” per il bene del Paese?
Affermazioni fatte con disarmante leggerezza, come se l’impoverimento costante fosse un effetto collaterale accettabile della politica. Ma questo non è il problema di un singolo governo, ma un difetto sistemico del nostro Paese. Queste promesse elettorali servono solo a legittimare una classe politica incapace di portare a un reale cambiamento, condannando l’Italia, a trasformarsi in un museo a cielo aperto, un Paese accessibile solo a persone benestanti, alla mercé dell’avidità. Lo abbiamo visto durante la pandemia, quando decisioni discutibili hanno ridotto le persone a semplici “danni collaterali “accettabili” in nome di dinamiche politiche ed economiche più ampie. Il valore dell’individuo, è stato sacrificato sull’altare di interessi superiori, spesso poco trasparenti, perché fermare l’economia, avrebbe significato fermare il profitto. Una soluzione, questa, che nessuno poteva considerare accettabile. Nel frattempo, c’è ancora chi pensa che allontanare gli stranieri potrebbe migliorare il Paese. Un’illusione pericolosa, così come lo è credere che l’arrivo indiscriminato di forza lavoro a basso prezzo, priva di tutele e diritti, possa risolvere i nostri problemi. Un sistema incapace di garantire diritti ed integrazione tra gli stessi italiani, è impensabile che lo faccia con gli stranieri. Nessuna delle due strade, così come oggi vengono percorse porterà ad un reale miglioramento. Resteranno solo slogan per attrarre elettori suggestionabili od alla ricerca di un capro espiatorio. Si ignora poi, che nessuno si indigna davvero per la qualità della vita che peggiora, per i prezzi dei beni di prima necessità, che continuano a salire, mentre la qualità dei prodotti cala. Tutto questo è anch’esso colpa dell’altro? Forse è più facile puntare il dito contro qualcuno ed indignarsi per cause lontane e poco conosciute piuttosto che affrontare le vere cause dei nostri disagi. L’aumento dei prezzi al supermercato e la scarsa qualità degli alimenti, a cui molti sono ormai costretti dai prezzi, non sono solo un sintomo, ma una conseguenza del sistema di cui siamo incapaci di liberarci. Invece di continuare a vivere nel livore dovremmo imparare a riconoscere la sofferenza dell’altro, tendendo una mano, nella semplicità di un gesto quotidiano. Faccio un esempio. Ieri, tornando a casa, ho visto un anziano signore, vestito con cura ed affaticato lungo una strada provinciale. Portava con sé due confezioni d’acqua e due buste di spesa. Nessuno si fermava per dargli un passaggio. Dopo qualche metro, ho deciso di invertire la marcia. Gli ho chiesto dove dovesse andare e l’ho accompagnato a casa, nonostante non fosse sulla mia strada. Nel tragitto, mi ha detto che raramente qualcuno si ferma a offrire aiuto. Era rassegnato e amareggiato soprattutto verso un certo tipo di persone religiose, che vivono in zona e che dovrebbero, per fede, essere più solidali. Non racconto questo episodio per vantarmi, ma per sottolineare quanto sia importante tendere una mano a chi ne ha bisogno. L’indifferenza e la paura di uscire dalla propria zona di comfort impediscono a molti di vedere le crepe profonde che attraversano la nostra società. L’indifferenza è diventata una corazza dietro cui nascondersi , un modo per evitare di affrontare le sfide e le ingiustizie che ci circondano. Si ignora che questo atteggiamento non fa altro che rafforzare un sistema che tratta l’essere umano come un numero. Decidere, di prendere le distanze da questi giochi, è una scelta legittima e permette di vedere con maggiore chiarezza le dinamiche che governano le nostre vite. È un modo per preservare la propria integrità e non essere complici di un sistema che non ci appartiene. Quando abbiamo smesso di scegliere il meglio e ci siamo accontentiamo del “meno peggio” ? È tempo di cambiare prospettiva, e di rompere quel circolo vizioso, altrimenti l’unica via è quella del silenzio, perché rimanerne complici non può più essere un’opzione.
Grigorij Andreevic Iandolo