Federico Faggin e la sua visione spirituale dell’intelligenza artificiale

27 Novembre 2024 pubblicato in Il mondo digitale


Ieri pomeriggio, a Palazzo Spinelli, si è tenuto un convegno sull’Intelligenza Artificiale ed i suoi rapporti con la Spiritualità. I relatori erano tutti di primo piano, ma la maggioranza delle persone presenti, anche da remoto, non essendovi più posto in sala, erano lì soprattutto per Federico Faggin, in videocollegamento dagli Stati Uniti, dove risiede. Stiamo parlando di una vera e propria eccellenza italiana, vicentino classe 1941 è considerato il fondatore delle scienze informatiche, tanto che alcuni dicono che senza di lui, la Silicon Valley, sarebbe rimasta solo una valle, tanto da essere premiato per le sue ricerche, nel 2010 dall’allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. A lui, infatti si devono la scoperta del microchip, ma soprattutto i primi studi sulle reti neurali, da lui svolti, già a metà degli anni ’80. Ciò che rende, tuttavia, interessante la sua persona, oggi, è la sua visione dell’uomo, decisamente antiscientista come da lui dichiarato ieri. Lo scientismo, infatti, non è scienza, ma una forma che potremmo definire fanatica, di quest’ultima, che tende a ridurre tutto l’esistente, inclusi gli esseri umani a macchine, soggette indiscriminatamente alle leggi della fisica, uguali per tutti. L’uomo e la natura stessa, secondo Faggin sono, invece espressioni di una realtà diversa, che inizia a venire compresa solo con i recenti studi sulla fisica quantistica. A seguito di una sua personale esperienza spirituale, avuta nel 1990 che egli ha descritto ieri nel videocollegamento e che tutti gli interessati possono trovare nei suoi libri, infatti, ha avuto la consapevolezza della necessità per l’intero universo di essere cosciente di sè e dotato di libero arbitrio ricusando quindi la teoria fisica classica di un big bang caotico, alla base della creazione. In termini teologici e religiosi, anche se Faggin, con prudenza e saggezza, si è astenuto dall’usare questi termini, che non competono ad uno scienziato come lui, siamo di fronte ad una vera e propria cosmogonia, che vede la necessità di un ente unico, o di un “Uno” come lo ha definito, di conoscere sè stesso, quindi di avere una coscienza, attraverso la frammentazione di sè stesso, in infinite manifestazioni fenomenologiche, delle quali l’essere umano, è parte integrante, essendo, appunto, una parte infinitesimale dell’Uno. La teoria di Federico Faggin, certamente controcorrente ed infatti, contestata da altri relatori presenti in sala, appare tuttavia affascinante e credibile, trovando conferme anche nella cultura greca classica, che esaltava il concetto di γνῶθι σαυτόν a volte scritto anche γνῶθι σεαυτόν che secondo la tradizione era iscritto nel tempio di Apollo a Delfi e che in latino venne tradotto come “nosce te ipsum” vale a dire “Conosci te stesso.” Se fosse vera la teoria di Faggin, andrebbe rivisto il significato di quest’iscrizione delfica, che finora è stata interpretata come un invito all’uomo, a “stare al proprio posto” ed a non “sconfinare” in ruoli che non gli sono propri, riconoscendo la propria limitatezza ed incompiutezza di fronte a Dio. Se, infatti ribaltiamo la visione, tale iscrizione, non a caso presente all’esterno di un tempio, potrebbe essere anche l’invito ad entrarvi, solo se si ha consapevolezza, dunque la coscienza, di essere parte di quella divinità che vi si venera e di volerlo fare, in virtù del libero arbitrio che secondo Faggin, sono i due principi fondanti di tutto l’universo. Insomma, sicuramente con l’avanzare degli studi di fisica quantistica, avremo modo di risentire parlare di Federico Faggin e di questa sua teoria che come detto, va controcorrente e tende anche a smitizzare in qualche modo i presunti superpoteri di questa intelligenza artificiale, che oggi, la propaganda politicamente corretta, tende ad esaltare come salvatrice dell’umanità, mentre, forse, proprio come dice lo scienziato vicentino, la salvezza verrà dall’accelerazione quantica delle coscienze individuali che si fonderanno di nuovo nella coscienza dell’Uno ed allora non avremo più bisogno delle macchine, essendo tornati pienamente umani, a patto che lo vogliamo veramente, col nostro libero arbitrio. Se viceversa accetteremo di essere assoggettati dalle macchine, diventeremo macchine noi stessi.

Luca Monti





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