Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola: il Tribuno del Popolo e il Cristiano Puro
22 Ottobre 2024 pubblicato in Dantescamente

Girolamo Savonarola, ha rappresentato la forma più pura del cristianesimo assieme a Fra Dolcino. Girolamo Maria Francesco, Matteo Savonarola, religioso e politico italiano, appartenente all’Ordine dei Domenicani, nacque a Ferrara, il 21 settembre 1452 e morì a Firenze, il 23 maggio 1498 e la causa per la sua beatificazione è stata presentata il 30 maggio 1997 dall’Arcidiocesi di Firenze. Ma chi era Savonarola e perchè dovrebbe essere beatificato? Figlio del mercante e cambiavalute Niccolò di Michele dalla Savonarola e di Elena Bonacossi (già signori di Mantova). I Savonarola, provenivano da Padova e si erano trasferiti nel 1440 a Ferrara, dove il nonno Michele (1385-1468) eminente medico ed autore di testi di medicina fu archiatra del marchese Nicolò III d’Este e della Corte ferrarese, che influì molto sulla formazione di Girolamo e sulla sua visione dei costumi della società rinascimentale. Michele Savonarola infatti, si occupò dell’educazione del nipote, insegnandogli la grammatica, la musica, il latino ed il disegno, iniziandolo agli studi in medicina, che Girolamo, tuttavia, abbandonò a diciotto anni, dopo aver conseguito il titolo di Maestro in Arti Liberali, per dedicarsi allo studio della teologia, più adatta al suo essere uomo profondamente religioso, amante della bibbia, di rigidi ed umili costumi, che mal sopportava la vita della corte Ferrarese e forse già coltivava l’odio viscerale verso la Roma papale, che doveva apparirgli, sempre più simile all’antica corrotta Babilonia. Per questo, disgustato dalla corruzione e dalla perdizione che imperava nella società del tempo, lasciò Ferrara e si fece domenicano a Bologna, nel 1474. Durante tale periodo di riflessione, scrisse il “De ruina ecclesia” opera in cui espresse in modo palese quel bisogno di ricostituzione del clero, che non era più dedito alla sua primaria funzione di mediatore tra Dio e l’umanità peccatrice. Nel 1482 venne chiamato a Firenze, da Lorenzo il Magnifico, che lo volle lettore nel convento di San Marco. Ma le aspettative furono deluse, in quanto le prime prediche del Savonarola, non ebbero successo ed i suoi superiori lo spostarono tra il 1485 e il 1489 in varie sedi: San Gimignano, Bologna, Ferrara, Brescia e Genova, ed in questo periodo della sua vita, movimentato per i continui spostamenti, le sue prediche proponevano una profonda penitenza per ottenere la salvezza. Venne richiamato a Firenze, su intercessione del Conte ed intellettuale Pico della Mirandola, e stavolta le sue prediche apocalittiche ebbero successo ed i fiorentini lo vollero a predicare a Santa Maria Novella ed in seguito divenne priore del convento di S.Marco, dal quale il Monaco ribelle orientò il popolo fiorentino verso un modello di vita più austero, punto fondamentale della sua oratoria. Carlo VIII d’Angiò, Re di Francia, nel frattempo, calò in Italia, senza incontrare una particolare resistenza e così Piero de Medici cedette la sua fortezza nella Val di Sieve, ai francesi, aprendo loro la strada verso Firenze, all’insaputa della cittadinanza, che quando lo seppe cacciò subito la dinastia dei Medici, proclamando la Repubblica, che era governata da un Gonfaloniere di Giustizia e da otto Priori, che crearono il nuovo governo di Firenze mentre l’equivalente del moderno parlamento, era il consiglio maggiore dei Settanta, a cui potevano partecipare tutti i fiorentini di almeno 29 anni di età ed in regola col pagamento delle imposte. Girolamo Savonarola, divenne per la sua onorabilità, l’arbitro della vita politica fiorentina, appoggiando Soderini grande personaggio ed abile politico, col quale, nel 1494, costituì un sistema politico “Demo – teocratico” in cui il Monaco ribelle propose l’abolizione del lusso e dell’usura, tramite i cosiddetti roghi della vanità e la creazione di un Monte di Pietà, istituendo tribunali morali, per chi viveva in modo libertino e licenzioso. Fu creata un’imposta fondiaria per i ceti più ricchi, in difesa di quelli più poveri e l’eccessivo rigore morale era dettato dalla forte sperequazione che esisteva nella società fiorentina. Ma il Papa Alessandro Borgia (de Borja famiglia catalana proveniente da Tarragona) appoggiò gli avversari aristocratici dei tre “partiti” I Bigi, partigiani dei de Medici, gli Arrabbiati, che facevano parte dell’antica oligarchia, ed i Compagnoni che odiavano i rigidi costumi del Savonarola, in antitesi coi seguaci del Savonarola, i Piagnoni. I Bigi grazie a questa alleanza col Papa, presero il potere, imprigionarono il Savonarola e dopo averlo torturato e lapidato lo impiccarono ed in seguito ne bruciarono il corpo in Piazza della Signoria, insieme ai suo confratelli, Fra Domenico Buonvicini e Fra Silvestro Maruffi, nel luogo dove tuttora esiste una lapide tonda sul pavimento, a loro memoria, che definisce iniqua, la sentenza nei loro confronti. Ecco, proprio nella scritta “iniqua” posta a furor di popolo su quella targa, dopo quattro secoli, sta la motivazione per una possibile beatificazione del Savonarola, ancora non proclamata, ma invocata a gran voce.
Roberto d’Amato